sabato 19 novembre 2016

Demodè


Sono andato prendere i giovani leoni all’asilo: è per me sempre una meraviglia. E pure per loro, mi sembra. Poi pranziamo insieme e quando vanno a fare il sonnellino pomeridiano vado al supermercato. Sono le due del pomeriggio, siamo veramente in pochi. Mi sento osservato, e credo sia per il mio abito: so di stare vestito un po' “anomalo” e sarà questo, probabilmente.
Mi viene da ridere perché con i nipotini abbiamo appena scherzato sul mio essere vecchietto: sto con giacca e cravatta ed Enrichetto, che non ha ancora 4 anni, mi ha chiesto la cravatta: se posso regalargli la mia cravatta! E’ una cravatta “fuori moda”, colorata, un liberty sulle tonalità del rosso. Certo, gli dico che ovviamente lascerò le mie cravatte a loro quando morirò… ma anche prima posso regalarle, appena loro potranno utilizzarle.
Capita che parlo della mia partenza, prima o poi. Loro chiedono: “E pecchè mori?”. Tutto finisce, prima o poi. Solo Dio resta. Questa la sola spiegazione, almeno per ora. Ho detto anche che allora sarò sempre con loro: ma ne riparleremo, spero.

Ultimamente sto rimettendo le giacche che non usavo da qualche anno, e ci stanno buoni motivi. Intanto, mi piace. Poi è accaduto che sono calato abbastanza di peso, quanto basta per ritrovare la mia forma e mi sto godendo le cose che non potevo più indossare: come le camicie che non mi si chiudevano più e le giacche in cui non entravo… e di conseguenza le cravatte di cui ho una discreta collezione che risale alla notte dei (miei) tempi. Naturalmente sono tutte cravatte desuete, non allineate alla moda di oggi, nere, atone o simil-Marinella e ne sono molto contento.
Nel vestire, come in tutto il resto, ritengo sia normale che venga fuori quello che sono: io, e non quello che pensa l'ambiente, la moda, il mondo circostante.

C'è un antefatto correlato, anzi due.
Nove anni fa andai a Santiago de Compostela, solo, ovviamente. Ne ho scritto e ne ho parlato tanto (e continuo ad augurare a tutti di partire per il Cammino, come pellegrinaggio vero di sudore e sangue, e non come gita con il pulmino al seguito, che è tutt'altro).
All’epoca andavo pure in palestra e la domenica uscivo col CAI: pur se mai troppo impegnativo, utile per tenersi in forma. Poi in questi ultimi anni tutto ciò è passato in secondo piano, mi è divenuto difficile. Ed ero convinto che da solo mai avrei ripreso a camminare. Che in solitudine o in buona compagnia cambia parecchio: da solo mi era molto doloroso e per anni il mio corpo rifiutava il camminare.
Invece di recente, era fine maggio, ho ripreso a camminare da un giorno all’altro e non ricordo un momento particolare di decisione, non so nemmeno io come e perché. Così, una cosa naturale. Complici un paio di leggerissimi bastoncini di alluminio e carbonio da nordic walking, che sono stati di stimolo e aiuto concreto. Una cosa buona.

Ho rivisto Forrest Gump. Come sempre avvincente, lui dice “E io corevo corevo”… e io camino, camino! Contemporaneamente al camminare è stato automatico riprendere la dieta personalizzata di anni fa: le due cose sono andate in parallelo una aiutando l'altra, e d'altronde è sempre così.

Oggi al supermercato mi son sentito demodé e non mi ha sconvolto.
Mai ho cercato di essere alla moda, ma anzi sempre in un caparbio andare controcorrente sin dai miei quattordici anni, o giù di lì.
Anche se per la verità nei miei venti anni di deserto c’è stato un tentativo di adeguamento alle correnti, agli usi e costumi dei maschi italici: ne sono uscito con le ossa rotte, perché lì non vi era affatto felicità, anzi; e poi la vita è ben altro. Ma dovevo passarci per ritrovarmelo bene nel sangue, evidente.

Mi accorgo che questo essere demodé negli abiti lo è anche nel mio vivere, anzi forse ancor più.
Perché oggi nemmeno più nei convegni ecclesiali si ragiona, sì dà spazio, si mette in luce chi vive dentro al suo matrimonio seppur da solo, chi continua a credere al sacramento come la cosa più importante della sua vita, chi continua a mantenere vive le promesse fatte davanti a Dio e davanti agli uomini.
D'altronde già una decina di anni fa venni amorevolmente rimbrottato da una persona cara: “E basta con questi luoghi comuni (del matrimonio per sempre)!” Dovetti far presente che altri erano oramai i luoghi comuni, la massificazione imperante e progressiva. Ed io ero anomalo già all'epoca.
Questo essere demodé, che è poi vivere controcorrente, mi piace troppo: mi sa proprio che questo deve essere il Vangelo, che mai è stato alla moda, che sempre è stato scomodo, che sempre ha fatto gridare scandalo, e ancor più lo farà nei tempi a venire, nei tempi bui prossimi venturi.

Il mio amico Angelo, artista nel cuore e nel vivere, nel trarre consuntivi spesso ripete: “Io sto troppo indietro, o forse troppo avanti. Di sicuro non sto allineato”.
Ecco: proprio come me.

(foto mia, Umbria 2014)

lunedì 7 novembre 2016

E io pago?

Di  recente su youtube (grazie, come sempre!) ho visto un film di Totò che mi mancava: 47 Morto che parla. E lui è l’avaro barone Peletti che lamenta le sue spese, con il tormentone, ancora famoso dopo quasi settantanni: “E io pago!” (tra l'altro: memorabile la scena del macellaio).

E poi, del tutto casualmente, sempre su youtube, mi sono imbattuto in conversazioni intorno alle cose più importanti, ad opera di uomini di Dio. Uno di questi, padre Serafino Tognetti, ragiona su un pezzo di Vangelo che conosco bene ma scopro nuovissimo dalle sue parole.
Il buon samaritano, che dice: "Pago io!" qualunque cosa necessiti a quest’uomo, massacrato dai briganti, a me sinora ignoto: pago io, no problem! Incredibile, no? E chi glielo fa fare? Si fa fatica a pagare per le persone più care… e costui, uno straniero, paga per uno sconosciuto?
Mi viene da pensare, inevitabile, a quanti mi rimbrottano, seppur con affetto (ultima una mia cugina): “Paolo, smettila di vivere di lei! Basta, oramai, no?” Mi veniva da ridere: ma pago io! E se non io, chi paga per lei? Ma se non è questo il matrimonio (specie cristiano), cosa è mai? Un contratto che si disdice? Un rapporto a termine: l’amore è eterno finché dura?
E attenzione che il Vangelo parla di due persone che non si conoscevano… e il samaritano si prende carico dei bisogni altrui… questo è l’amore sommo, quello di Dio: ripasserò di qui e salderò il conto, pago tutto io, purché si riprenda, pur che è uno sconosciuto!
Certo, intorno a me accadono anche cose esattamente opposte: coniugi che si massacrano a vicenda a suon di cause in tribunale (e avvocati impinguiti).
Anzi, qualcuno parla di ex-coniugi… ma dal punto di vista di Dio, che onestamente credo sia il solo che mi interessa, se voglio essere cristiano, se il matrimonio non è nullo non si può dire: ex.
E pure il dire “famiglie ferite”: quante ce ne sono che paiono unite e dentro sono un massacro?
Tutte le famiglie sono ferite, e tutte sono redente:
dipende da chi paga, se paga;
dipende da chi si impegna a viverla sino in fondo e chi si impegna alla sua morte, piuttosto;
dipende dal sangue proprio versato oppure dal pretenderlo dal coniuge che si caccia;
dipende da chi si porta sulle spalle la responsabilità dell’altro - promessa al momento delle nozze e chi invece si volta indietro...

Che pena il barone Peletti, così magistralmente dipinto e così infelice.
E io pago? Certo, pago io! Pago tutto io. E sono felice di pagare, se questo è l’amore.
D'altronde, se questo nostro non fosse il Dio dell’impossibile, non sarebbe certo Dio.

(foto mia, Umbria 2015)