giovedì 30 luglio 2015

Che Dio t'aiuti!


Qualche tempo fa ho casualmente saputo di una anziana signora, mia vicina di casa dei tempi della “famiglia-sotto-lo-stesso-tetto”, che stava gravemente malata, tumore in fase terminale.
Sono andato a trovarla. Bella, serena. Mi ha riconosciuto, si è commossa. Mi ha mandato bacini con le mani.
Dopo pochi giorni è partita. Sono tornato per un saluto, ancora. Al funerale poi la chiesa era strapiena.

Avevo qualcosa di lei sul mio diario, il 30 agosto 2008: “Sono sotto la mia vecchia casa, quella che ho dovuto lasciare da un anno in quanto non più “mia”. Vado a salutare A. Mi chiede più volte come sto: non è formalità. Poi la fatidica domanda: “Ma non ti sei trovato una compagna?” “Perché? Io sono sposato, ho un impegno che mantengo, la famiglia prima di tutto. Forse sono matto…” Lei è sconcertata, ma contenta. Dice che nessuno fa questo, che bisogna ammirarmi per il coraggio. E poi: “Che Dio t’aiuti!” E ancora: “Magari le cose possono cambiare, col tempo… certo gli uomini non sono capaci ad arrangiarsi.”

Provo a scrivere di una cosa delicata che ho a cuore in questo periodo: la realtà economica dei separati, specie maschi, padri.
Vorrei dire del mio amico che ha finalmente cambiato la macchina di 25 anni di vita (gloriosa!) con una giovanissima di “appena” 10.
Vorrei dire del mio amico che a volte non mangia pur di non lasciare insoddisfatte le esigenze delle figlie.
E vorrei dire pure di me. Che ho comunque un lavoro, una casa, una automobile e che, in questi ultimi anni, ho vissuto una progressiva e spaventosa riduzione del potere d’acquisto dei pochi soldi che mi restano dopo il saldo dei debiti. Debiti che nascono tutti dal ricostruire una nuova esistenza altrove. Debiti figli della divisione, figli del Signore della divisione.
Terminerò di pagare il mutuo qualche anno dopo l’andata in pensione, forse, se ci riesco. Che non è detto (che ci sia la pensione).

Vorrei dire che siamo i nuovi poveri, lo dicono pure i giornalisti.
Ma poi penso alla mia amica col marito svanito e con due figli cui badare. Da due giorni ricoverata per febbri di natura da determinare.
Penso al mio amico che, senza più lavoro, e tanti ne ha fatti e ancora ne farebbe, è tornato a vivere dalla mamma, a mani vuote. E speriamo che la mamma duri.
Penso al mio amico che almeno ha la casa di proprietà, pur spesso non sapendo come pagare le bollette.
Penso ai poveri della terra, mi rendo conto che io, pur con le mie lamentele - assolutamente corrette - faccio comunque parte di quella esigua minoranza al mondo che sta bene, molto meglio della maggioranza. Mi dico che devo relativizzare. Posso farlo.
So che amo le ricchezze dei poveri, così come non amo le povertà dei ricchi.

Ho un amico, pure lui separato, pure lui abbandonato. Spesso ci sentiamo, mi racconta delle sue battaglie. Non tanto dei problemi con la moglie, anche, ma soprattutto dei bombardamenti continui che subisce da ogni genere di persone: trovati un’altra. Dimentica tua moglie.

Cosa dire? Certo, tanti lo diranno in buona fede, pensando alla sua “salute”, al suo “futuro”.
Mi torna in mente quanto disse l’anno scorso il cardinale Scola a Milano, nel corso del convegno sulla famiglia, ad un gruppo di "separati fedeli” (orrenda terminologia, mi sembra, che però spiega): "La vostra scelta non è capita perché è profetica". E quindi fastidiosa, come sempre sono stati i profeti. Perché distraggono dal pensiero dominante, perché dicono cose poco piacevoli, perché “il mondo progredisce e voi siete integralisti e conservatori”.
I profeti, conservatori?

Dio t’aiuti, la cosa più giusta che si poteva dire ad uno strampalato come me.
Che Dio t’aiuti: vorrei dirlo e lo dico a tutti i poveri, nuovi e vecchi.
Ma pure ai ricchi che, come diceva il grande fisico e uomo Pierino Pasolini, ne hanno forse ancor più bisogno.
Che Dio ci aiuti. Tutti.

(foto mia, Cattedrale di Barcelona, 2015) _________________________________________


Ho letto il tuo ultimo post, dalla Terrasanta. 
Ho avuto la percezione che questa foto lo riassumesse visivamente: Gerico, deserto di Giuda dove Gesù ha lottato e vinto il Divisore... Grazie!
Un abbraccio, oltre alle nostra preghiera
Alessio e Francesca

mercoledì 8 luglio 2015

La grande bellezza

Era quaranta anni fa, all’alba di uno dei primi giorni d’autunno.
Arrivai nel profondo nord col cuore proteso fuori, ben disposto. Pur dopo una notte in bianco in un allucinante viaggio in treno. Al bar della stazione bevevano bicchieri di vino bianco e grappa, io sconcertato bevvi il primo cappuccino in terra di confine.
Mi attendevano tredici mesi di servizio militare.

Quella mia partenza era stata a lungo discussa, coi miei amici. Avrei voluto essere obiettore, ma all’epoca era complicatissimo. Sprecavo un anno abbondante di vita per fare cose che mi apparivano scemenze, specie a quei vent’anni. Poi invece, insieme, venne fuori che si “doveva” andare. Si doveva, come tutti, cittadini soggetti alle leggi dello stato.

Partii col cuore leggerissimo e onestamente debbo dire di avere vissuto una esperienza in-raccontabile e forse pure incomprensibile.
Perché lì mi fu chiaro, chiarissimo, quanto contano nella vita i rapporti. I rapporti tra le persone. Le persone, che sono prima di qualunque cosa. E quindi la donazione, eventuale, con il cuore “oltre”.

Militare in una caserma che poi venne abbattuta nel post terremoto dell’anno dopo. Ma la cosa particolare era che lì vicino, in città, c’era gente che viveva come me. Abbiamo insieme vissuto qualche mese in forte simbiosi, specie con qualcuno di loro. Poi, a pochi chilometri dalla mia caserma era militare un altro nostro "consimile", che aveva il padre ministro nel governo dell’epoca. Quando non ci muovevamo insieme per la città, avevo la sua macchina a disposizione, un Dyane 4 che si accendeva con uno stratagemma, manco servivano le chiavi. Con questo miracolo a quattro ruote andavo in città quando serviva, costruivo con questi amici il mondo nuovo in cui credevamo fermamente e forse pure in modo puerile. Ma fu cosa seria, molto seria.
Era la nostra vita che metteva solide radici (“le radici sono importanti!”).

Ero il solo della mia caserma che non sognava il trasferimento vicino casa.
Un giorno, alla fila per il pranzo, mi cercarono, convocato d’urgenza al comando di Compagnia. Incredibile: ventiquattrore dopo dovevo essere a Roma. E chi lo aveva chiesto mai? Il capitano addirittura mi chiese se potevo in qualche modo far trasferire pure lui…
Dovetti lasciare un mondo in crescita, rapporti che promettevano, una terra e gente bellissime: si apriva un nuovo capitolo della vita.

Qualche anno dopo, era appena nato il mio primogenito, ad una scuola un po’ speciale ritrovai l'amico con cui avevo allora più costruito. Eravamo un bel gruppo, furono quindici giorni di vita convissuta ai massimi livelli. Massimi davvero.
Poi anni lontani, io feci il giro del mondo. Dovevo farlo.

Adesso, in epoca recente, per varie comunanze, ho conosciuto la moglie. Lei è ora la mia “caporedattrice invisibile”, che legge in anteprima quanto scrivo qui e mi rilascia il primo nihil obstat. Un passaggio importante, questo riscontro con una persona appassionata ed esperta di buone lettere. Col cuore e con la mente presenti, “sul pezzo”.
Sono insieme venuti al mio sessantesimo compleanno, erano i più lontani.

All’ultimo post lei ha commentato “finalmente ho letto... Tiene il filo... parte lontano (dal Giappone...) e arriva all'essenza... ma tiene... Al di là della forma, alla quale sono ormai abituata: virgole, non virgole... subordinate che iniziano dopo un punto... ma questo è il tuo stile ed ha finito per piacermi!”

Dopo il post mi ha scritto pure lui: “ciao Paolino. Solo 2 pensieri-titoli che mi frullano leggendo le tue righe. Una seria, l'altra forse un po’ meno... 
 1) Oggi nel commento al Vangelo (la donna che perdeva sangue...) il celebrante diceva che il "miracolo" non è Gesù che la guarisce nella salute, ma la donna che, per un DONO di DIO, pur nel BUIO, nella PROVA, CREDE all'Amore. Oggi a messa sentendo questa affermazione sentivo Gesù mi parlava dentro e... mi sono commosso in lacrime. 
2) Ma com'è possibile che a qualcuno possa piacere La grande bellezza??? Aiutami a capire. cmq ti abbraccio da fratello.”

Non faccio il critico cinematografico. Forse La grande bellezza mi piace perché tanto mi ci trovo dentro. Mi piacerebbe averlo fatto io (anche se qualcosa lo avrei fatto diverso)!
Mi tocca nel profondo, come tanti anni fa accadde con Palombella rossa (un film che piace a pochissimi, pur essendo - per me, ovvio - un capolavoro). Come La tigre e la neve, in epoca più recente.

La grande bellezza: la cercavamo pure noi. Ma non nella Roma caput mundi del film… io la trovai in una squallida caserma, e oggi, direi quasi, qui in questo solitario eremo.
La grande bellezza è pure in questa storia nostra, al limite del credibile.
La grande bellezza è dentro di noi, amico mio, fratello.
E poi lo sai meglio di me, no?

(foto mia, Umbria - estate 2015) 
PS: Questo post, con questo titolo, meritava una foto apposita. 
Ho pensato ai girasoli che qui da me, proprio ora, sono nel massimo fulgore, poi appassiscono. 
Dato che la luce è importante (come le radici!), sabato mattina ho messo la sveglia come andassi al lavoro. Una levataccia per fermare in fotografia la breve storia di bellezza dei girasoli. 
(La risoluzione permette, volendo, di utilizzarla come sfondo per desktop. La foto è scaricabile: click con tasto destro sulla foto e poi “salva immagine con nome”).