sabato 17 ottobre 2015

Una corrispondenza attuale che viene da lontano...

Correva l’A.D. 2009: perciò solo sei anni or sono, anche se mi pare un secolo. Avevo casa sottosopra, si stava rifacendo il tetto, quindi era tutto concentrato al primo piano, in un caos notevole.
Una sera lessi sul sito del Corriere della Sera questo articolo di Isabella Bossi Fedrigotti > (click qui x vedere articolo)
Beh, dal mio eremo scombussolato nonché osservatorio particolare sulla questione, ci stava di che intervenire. Cominciai a scrivere, limare, ritoccare. Poi andai a dormire, era tardi. Al mattino molto presto chiamai un amico giornalista, mi serviva un parere. Lo svegliai, e gli lessi quanto avevo scritto. Lui rise e mi disse: “manda, manda!” Ritoccai ancora alcune parti, e inviai alla giornalista.
Questo il testo della mia email (21 maggio 2009):

Gentile Signora Isabella,
leggo il suo generoso intervento sul Corriere, e mi permetto di intervenire, sentendomi chiamato in causa: perché sono uno dei, presumo pochi, folli sulla terra che, essendo stato abbandonato dalla propria sposa, vive una situazione di matrimonio bianco.
Sono semplicemente un uomo che cerca di vivere il Vangelo, soffrendo nella propria carne altrui scelte, ma era già tutto compreso nel pacchetto matrimonio: nella buona e nella cattiva sorte, rimango a te fedele… e purtroppo la cattiva sorte si presume sempre tocchi ad altri.
Lei auspica che la religione sia per l'uomo, finalmente, e non l'uomo per la religione.
È senz’altro da condividere, al primo impatto… ma ho l'impressione che sia posto male il quesito.
Non credo che la religione sia per l'uomo e manco che l'uomo sia per la religione.
Da uomo della strada penso che la religione sia incontrare il Dio vivente, e vivere in Lui. Per cui: molto più che per l’uomo!
Forse da tante parti è vero che si condanna per un divorzio, persino subìto.
Questa non è certo la Chiesa, ma solo esacerbazioni di uomini di Chiesa. Che magari necessiterebbero di adeguata formazione sulla realtà della famiglia, e del suo ambito.
Nel matrimonio guai a parlare di condanne, di giudizi. Nessuno può sapere, né giudicare. Manco Dio condanna, e chi si permette tanto? Ma questa gente ha mai sentito dire della Samaritana? E del Figliol prodigo?
Però è vero che si fanno delle scelte, e di queste poi si vivono le conseguenze.
Le dico serenamente che se un giorno dovesse cambiare qualcosa nella mia vita, ovvero abbandonare nel mio cuore la mia sposa, sostituendola con altra, non starei certo a chiedere alla Chiesa di giustificarmi o accogliermi. Avendo ben chiaro che la mia scelta mi pone automaticamente in altra realtà. Ma come potrei poi avercela con la Chiesa, che non mi consente l’Eucarestia, unico sacramento da cui sarei escluso? Al limite potrei solo avercela con me stesso.
E guardi che vivere soli non è facile, lo dico con cognizione di causa, dato che dormo solo oramai da oltre duemila notti.
Ho quindi scelto di vivere nel mio matrimonio, ora più che mai. Ma vale la pena questo sacrificio? La risposta è una sola: se Dio esiste, sì, se invece non esiste è pura idiozia, sto sprecando la mia esistenza. Ma se Dio non esiste allora non serve nemmeno ragionarci sopra, non parliamo manco di Chiesa.
D'altronde il creare nuove relazioni, seppur conseguenza e non scelta, avendo la sola propria coscienza come termine di paragone, magari in perfetta buona fede, non può indurre la Chiesa a fare da notaio di un mondo che è cambiato.
Specie oggi, in cui tutto pare soggettivo, meno male che sopravvive qualcuno che si ostina ad affermare che la Verità esiste. E la Chiesa è ben altro che una congrega di pie persone, come vorrebbe far intendere qualche buon anziano sacerdote.
Per fare un esempio, esagerato ma chiarificante: ipotizziamo che un giorno buona parte della società viva di schiavismo, di razzismo, o altro che noi oggi tutti condanniamo: cosa dovrebbe fare la Chiesa: allinearsi e benedire, dato che è cambiato il comune “sentire”?
Il Male esiste, lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, basta scorrere le notizie.
Ma se esiste il Male, esiste dunque pure il Bene…
In questi tempi mi sono posto anche domande più grandi di me, come quelle dei bambini, a cui rispondeva il catechismo di una volta in maniera molto nitida: a cosa serve la vita, chi è Dio, perché si nasce, perché esiste il dolore, cosa è amore.
E le assicuro che le risposte in questo oceano di dolorosa silente solitudine non sono state facili, eppure non mi lasciano dubbio alcuno.
Questo vivere non è forse seducente, ma è quanto ha deciso la mia sposa per la nostra famiglia.
Paolo Ricci (di certo: non un “fedele tradizionalista”)
………………………………………

Naturalmente la mia voce dissonante (voce che grida “dal” deserto?) non ebbe diritto di pubblicazione. Anzi, a pressare ulteriormente, venne pubblicato un articolo in cui Gerry Scotti narrava le sue vicende che a me parvero non entrarci affatto.

La signora Isabella mi inviò comunque una cortese mail di risposta:
Bella la sua lettera, però il mio discorso non era per i santi uomini, bensì per tutti gli altri poveracci che soli, invece, non ce la fanno a stare. 
Un cordiale saluto, Isabella Bossi Fedrigotti 

Iniziai a scrivere una seconda lettera. Mi dava fastidio quel “santi uomini” che non mi riguarda. Io sto dall’altra parte, sono uno dei poveracci. E io ce la faccio a stare solo? Se qualcosa mi riesce non dipende da me, assolutamente. Io sono capace solo di danni, oramai lo so bene.
Ero un pezzo avanti con la seconda lettera, ma lasciai correre. Rischiavo di entrare in un vortice di polemica che comunque non avrebbe prodotto nulla di positivo.

Sto risistemando la mia posta degli anni passati - sono migliaia di mail, e ci vuole tempo.
E proprio ieri, casualmente, mi è finita sotto gli occhi questa corrispondenza. Sono andato a rileggere e quel “casualmente” mi si è illuminato, spiegato. Toh, la questione è apertissima, è l’argomento del giorno!
Stavo in anticipo sui tempi? Non so, di certo in questo film in cui vivo sono stato posto dalle scelte della mia sposa, che ben altro io avrei desiderato nella mia vita. Ed ho capito che devo vivere questa separazione come Amore di Dio, che solo questo è. E quindi fare la mia parte, che in questo contesto significa: dire quello che vivo e come vedo queste realtà. Per cui alla fine ecco questo blog, e questo mio interventismo che mai pare calare di tono.
Ma altro non posso. E non l’ho scelto io. Io solo cerco di essere coerente con la mia scelta di Dio, che è la cosa che più conta della mia esistenza.

(foto mia, monte Subasio 2008)

5 commenti:

  1. Grazie, "santo uomo"!
    Prenditi gli attributi che ti affibbiano: è una delle prime attività dell'umanità, ma segui la luce che guida i tuoi passi.
    Nella tua carne stai tracciando solchi di speranza per molti.
    Con gratitudine
    Tanino

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  2. " (...) se Dio esiste, sì, se invece non esiste, è pura idiozia, sto sprecando la mia esistenza (...)" :
    Ecco, Paolo, questa formulazione non mi convince, mi appare "utilitarista", nel senso che paga il sacrificio con il premio finale (può compiersi senz’altro un tale evento nella realtà ultima), ma non esprime la pienezza dell'autogiustificarsi dell'Amore: essere (già) in sé l'Amore. La tua testimonianza (il tuo martirio), trova appunto lì il proprio valore assoluto: anche se Dio non esistesse, non per questo verrebbe meno l'Amore che si manifesta nel tuo agire; e proprio perché capace di sacrificio postula la fedeltà e il "per sempre" come categoriali discriminanti dell'autotrascendenza dell'amore umano, in fondo eludendo la questione teologica su Dio, poiché, o per grazia o per natura, l'Amore epifanizza il proprio sé in quell'agire che gli è proprio. Questa è la misura, il modello perfetto, che non si eleva però a giudizio dell'uomo e delle forme "minori" d'amore, che pure si autotradiscono nel venir meno di quelle due categorie che gli sarebbero qualitativamente specifiche.
    D'altronde", caro Paolo, tornando alla tua citazione, è proprio dell'agire di Dio - poiché Amore - questo "nascondersi" nella libertà dell'agire umano, manifestandogli la propria paternità facendo piovere in egual misura sui giusti e sui peccatori; per cui, anche se Dio non fosse, nulla muterebbe di sé l'Amore e le sue conseguenze sul cuore esistenziale dell'agire umano.
    Un abbraccio

    P.S. Discorso più complesso è sull'adeguata preparazione dei candidati al sacramento nuziale, preparazione evidentemente non adeguata alla tipologia d’impegno e vincolo che andranno ad assumersi, per peso e responsabilità simile agli “ordinati”.

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  3. Grazie, Paolo.
    Occorre spesso ricordare quanto siano veramente preziose le poche cose importanti che abbiamo nella nostra vita.
    E altrettanto spesso occorre farne la conta e capire bene quali sono, fugando le troppe distrazioni che ci rincoglioniscono da ogni parte.
    Stefano

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  4. "di certo in questo film in cui vivo sono stato posto dalle scelte della mia sposa, che ben altro io avrei desiderato nella mia vita"
    La responsabilità del fallimento del matrimonio può essere di uno solo degli sposi?
    Non credo e sono sposata da 37 anni.

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  5. Gentile Paolo,
    premesso che ho capito ben poco dell’intervento di Anonimo, non mi convince molto quella sorta di “etsi Deus non daretur” che lei esprime. Probabilmente sono io a non capire, ma l’esistenza di Dio è implicita nella sua scelta e lo è perché Egli è necessario affinchè l’unione tra uomo e donna non si risolva nel solo diritto naturale, anzi, lo superi innalzandolo. Se Dio non ci fosse, tale unione si concluderebbe nella necessità di riproduzione della specie umana, nelle tempeste ormonali, nella passione, nella soddisfazione di istinti necessari a tale riproduzione, ma non sarebbe riflesso dell’Amore assoluto.
    Per rientrare nel calcolo delle notti in solitudine (lei parla di 2000), beh le mie sono allo stato attuale circa 9855 (27 anni) dalla separazione e divorzio subito, giorno più, giorno meno. Mia moglie (non dico ex proprio per riguardo all’indissolubilità) si è risposata (anche questo è termine giuridico e non sacramentale) e ha generato figli. Non miei, non nostri.
    Mi è successo a 30 anni, quindi nel pieno di quell’energia psico fisica che mi avrebbe permesso – se Dio non ci fosse stato – di fare altrettanto. Invece, nelle lunghe passeggiate fatte per smaltire il dolore, mi capitò di entrare per caso in una Università Pontificia. Quello fu il luogo nel quale io posi le mie domande a Dio ed Egli mi diede le risposte, col suo silenzioso ed elegante modo di poggiarmi ben bene la croce sulle spalle facendomi credere che ero io a portarla, mentre gran parte del peso lo assorbiva Lui: quello fu il mio roveto ardente ove ogni cosa mi divenne chiara.
    Non ho mai conosciuto altra donna all’infuori di mia moglie, non sono mai entrato in associazioni di ex, non ho mai aderito né fondato blog nei quali rilasciare lampi di santità che non possiedo. Però ho studiato, quello sì, fino al Dottorato in Teologia e qualche altro titolo accademico.
    Non c’è giorno nel quale io non dedichi un pensiero-preghiera a mia moglie e alla sua famiglia. Non c’è giorno in cui io non torni con la mente ai momenti belli, a quel giorno in chiesa dove dalle mani stesse di Dio fu serrato un nodo che nessuna mano umana avrebbe potuto sciogliere né allentare.
    Non c’è santità in tutto questo: solo misterioso amore che Dio, con incredibile e discreta misericordia, ha voluto farmi provare nella sua dimensione meno luminosa.
    Cordialmente,
    un suo lettore.

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