sabato 26 gennaio 2013

La pericoresi

Negli anni passati mi son trovato nella necessità di aggiornarmi. 
Tanto ero stato altrove, e tante cose erano accadute: un’ansia di conoscenza arretrata e prorompente. Anzi, era quasi il bisogno d’acqua alla fine del deserto, quando arso finalmente arrivi a capire di averne bisogno.

I canali di approvvigionamento sono stati tanti, dai libri che avevo sino al web, cercando per ogni dove ad ogni spunto, da una scoperta inseguendone un’altra.
Mi son trovato in casa alcuni volumi della rivista bimestrale Nuova Umanità, edita da Città Nuova e forse nota solo agli addetti ai lavori: chissà da dove provenivano, e come. Articoli a volte difficili per me che non sono uno studioso. Eppure ho trovato in questi volumi un pozzo di scienza e conoscenza a tutti i livelli, proprio quello che andavo cercando. Per rendere l'idea, un numero del 1999 aveva articoli per me davvero coinvolgenti (consentitemi questa digressione pubblicitaria!) come: “La famiglia è il futuro”, “La cultura del dare”, “Il dolore, un grido verso l’oltre”, “Che cos’è il pensare? Una riflessione alla luce di Gesù Abbandonato”. Insomma un nuovo mondo da scoprire e godere nel cuore, da divorare e assimilare nel vivere.

Mi son messo alla ricerca dei numeri vecchi, tanta era la sete, in un’impresa nient’affatto facile. Dopo una richiesta di prestito andato a male, mi son detto che dovevo insistere senza demoralizzarmi, e ho scritto ad alcuni amici che pensavo potessero darmi qualche dritta. Da Roma il mio amico grande Andrea mi ha prontamente scritto che aveva più di un decennio di queste riviste che non sapeva più ove tenere… e che stavano inscatolate pronte per me!

Incredibile! mi son commosso. A volte, forse sempre, bisogna andare oltre, tentare l’impossibile.

Ora è tutto qui, nella mia piccola biblioteca. Credo che stiano fruttando, anche in me che non sono certo né filosofo né teologo, ma semplicemente un assetato di Verità.

Di recente ho letto “Verso una psicologia in dialogo”, del 2000. Trascrivo alcune righe in cui l’autore cita un libro del teologo Hemmerle.
“Sulle orme del Vangelo di Giovanni, Klaus Hemmerle approfondisce il significato di reciprocità, cogliendo alcuni aspetti della vita Trinitaria che possono tradursi in rapporti interumani. La reciprocità è, innanzitutto, <inabitazione reciproca> e pericoresi è l’espressione classica con la quale la teologia denomina questo reciproco essere l’uno nell’altro. <”Pericoresi” – spiega Hemmerle – è originariamente il nome di una danza: uno danza intorno all’altro, l’altro danza intorno a lui, e così tutto fluisce in maniera reciproca, l’uno dentro l’altro. E in realtà, è così che scorre la vita nella dinamica di quell’amore che Gesù ci insegna e ci dona: l’altro è l’asse della mia vita. Io sono l’asse della sua vita. Dio è l’asse della mia vita, io sono l’asse della sua vita. Tutto si svolge in questo gioco assiale del reciproco circondarsi>.

Io sono l'asse della vita di Dio! Troppo bello, come non condividervelo? L’autore non pare dire proprio del rapporto coniugale, ma io inevitabilmente questo ci leggo. Certo, in una separazione parlare di “pericoresi” pare follia, evidente che manca la reciprocità.
Ma io mi sento appieno dentro il "gioco assiale del reciproco circondarsi", pur in questa situazione. 

E non oso pensare alla bellezza, alla pienezza, alla tenerezza, all'armonia della pericoresi in un rapporto di coppia assolutamente e felicemente corrisposto... 

(foto mia, Spagna 2007)

martedì 15 gennaio 2013

Vacanze romane

Son stato una settimana a Roma, c’era una persona cara in ospedale, e son stato presente. 
Non proprio una vacanza in senso stretto, ma giornate davvero belle e intense. 
Mi ero ripromesso di fare tante cose in questi giorni, amici da vedere… e invece il tempo è volato via incredibilmente veloce. D’altronde ero lì per fare esattamente quel che poi ho fatto, assistenza. E quindi andato tutto come doveva.
Oltre le realtà che mi toccavano direttamente, da vicino, mi son trovato dentro il dolore di persone sconosciute, quello impossibile, quello che non lascia speranza. Giovani vite già vissute in grandi difficoltà e che ora stanno rapidamente svanendo. Hai una lacrima che devi bloccare, puoi solo mettere tutto nel cuore del Padre, sei inane.

Ma questa cosa la so da tempo oramai, ne ho le cicatrici. Sempre vorrei intervenire, attivo. E invece accade spesso che devo starne fuori, non posso lenire il dolore, nulla posso per risolvere.
Devo fare silenzio, devo divenire trasparente.
E mi trovo poi ad entrare nella spaccatura per empatia quasi, per condivisione silente e lontana del dolore. Una scelta d'amore diverso, distillato, sereno, onnipotente quasi.

Un tempo mi sentivo forte, che tanto potevo e dovevo (cosa che con i figli piccoli in qualche modo è quasi un dovere di padre). Oggi sempre più, anche dal mio vivere dentro, scopro che in fondo questa è la vita di Maria nello Stabat Mater. Nulla di materiale posso, né debbo fare. Solo essere.
"Donna, ecco tuo figlio". Nel mio piccolo, essere madre dell’umanità.
E quindi la sola cosa invece certamente possibile, sempre, è inabissarmi, anzi elevarmi, nel vivere il presente lì dove sono, come sono, con chi sono. 

(foto mia, Umbria 2009)

martedì 1 gennaio 2013

Maria Theotokos

Primo gennaio 2013. Stamani, appena preso coscienza e vista l’ora, son corso a messa. Mi sembrava la prima cosa da fare, anche come giusto gesto simbolico, in questo inizio di anno. Si festeggia Maria: Theotokos, madre di Dio. So che devo fare mio il suo vivere, proprio io che ne sarei lontanissimo per carattere. Ma la storia mi porta sempre più a lei, che “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Il cuore che medita e cresce, e poi riversa nel vivere quotidiano con il “mondo esterno” a sé. Essere dentro, primariamente.

Feste natalizie un poco diverse. Giornate molto piene, un presepe fatto in grande ritardo rispetto al solito. Ho un presepe particolare, fatto artigianalmente e con mezzi poveri dal mio amico Pierino, che me lo ha poi donato. L’anno scorso ho acquistato le statuine fondamentali, quest’anno ne ho comprate altre tre. Una soprattutto mi piaceva, un viandante che riposa sdraiato in terra con la sua bisaccia. Mi pare l’icona del separato, un uomo spossato dal camminare, ma che comunque va, sta sulla via per raggiungere il Figlio di Dio bambino, e deve fare i conti con la sua stanchezza. Un uomo normale, umano.

Negli scorsi giorni una giornata di bel sole, mattinata di ghiaccio. Poi quando il sole è calato, sono andato a chiudere le finestre, ancora una volta. E mi son detto, ad alta voce quasi, che il tempo è poco, oramai. Tutto corre rapidissimo, altra giornata in chiusura, altra notte in arrivo. Lontanissimo è il ricordo delle notti difficili, a volte quasi impossibili, di tanto tempo fa. E proprio la notte, il più delle volte, so che sto facendo la cosa giusta e che altro non potrei.

Anche in questi giorni ho fatto qualche bilancio, come forse tutti, e mi sono accorto di avere vissuto un anno sostanzialmente inimmaginabile: bello, pieno, di crescita continua.
In questo inizio di anno voglio fare ad ognuno di voi che mi legge, personalissimo, l’augurio che il 2013 sia l’anno più bello della propria esistenza, e che tutto sia, sempre e comunque, un crescendo verso la meta finale.

(foto mia, dicembre 2012)