venerdì 3 agosto 2012

Della morte e della vita...

Manco da questo mio scrivere da molto più del mese che è passato dall’ultimo post. Mi appare un tempo infinito. L’estate è giunta col peso insopportabile della solitudine, col sogno, e bisogno, di novità - che non giungono.
Anche questo narrare della mia vita mi era divenuto stringente. Una cosa per me importante davvero, e poi il rispetto e l'affetto per i tanti che mi leggono, ma che non può e non deve limitare la libertà. Fatica a concentrarmi e puntualizzare e narrare: alla fine ho dovuto, e pure voluto, perdere tutto. Azzerare, fare silenzio.

Non avevo programmato ferie, e invece una circostanza mi ha ispirato a cambiare programmi e partire, solo, ovviamente. Una settimana di “vacanza” tra i miei monti d’Abruzzo. Prima di partire mi si era raccomandato il riposo, fondamentale. Ma per uno sposato, stare soli è il contrario del riposo. Manca il paradiso del rapporto col coniuge. Un divorziato poi! Spiegavo che andavo soprattutto a fare lavoretti, le manutenzioni e le pulizie che necessitano in una casa poco abitata. Mio padre è partito da venti anni, e si vede in tutte le cose.
Ho passato giornate incredibili. Tanti contrattempi e imprevisti che significano perdite di tempo. Il cancello che non si voleva più aprire, una lampada apparentemente morta, altre cosette di questo genere, ragnatele da pulire. Ma son stato bene seppur solo, la cosa che certo più mi pesa in questo scorcio di vita. Specie il viaggiare in solitudine: opprimente. E io starei sempre in giro, mi piace guidare, vedere, conoscere.
Alla fine debbo constatare, ma già lo sapevo, il potere dell’equilibrio interiore, a volte raro e difficile, che nasce dal sapere che fai le cose giuste, seppur nei tanti tuoi limiti. Senza montarti la testa, ma nella semplice serenità del momento presente.
Il risultato è che ho lavorato senza mai fermarmi, e mi son pure riposato, uno stacco reale: rientrato al lavoro non ricordavo la mia password di accesso al sistema!

Domenica mattina presto, vado al cimitero a salutare i miei che lì riposano. Non ho programmi, pieno relax, giro a curiosare tra le tombe. Nella mia gioventù, tanti secoli fa, mi accadeva ogni tanto di fare visita al cimitero di Roma, il grande Verano, specie nella parte monumentale, il Pincetto. Tombe di nobili, di grandi della terra, tanto marmo, busti, epigrafi. Quel che furono. In quel silenzioso turbinio di cose andate, morte, dimenticate, mi accadeva di ritrovare, rinsaldare, il rapporto col mio Dio. Perché toccavo con mano la fatuità del tutto. Mi ritrovavo nel tempo eterno, quello che solo conta, lontano dai rumori della Roma agitata e quotidiana.

Giro per questo piccolo cimitero di paese di montagna, non è il Pincetto, anzi. Questi volti che mi scrutano dalle foto non parlano di grandi gioie terrene. Dicono drammi, solitudine, desolazione. Leggo soprattutto dolore silenzioso, ignoto al mondo, perso per sempre.
Solo mio padre pare cantare, dalla sua foto. La feci mentre da nonno rideva agli scherzetti dispettosi che gli faceva la mia piccola. E davvero, non mi risulta abbia poi riso molto in vita. Ma lo abbiamo ricordato così. Questo il suo essere soprannaturale, forse.

Rientrato dalle ferie, al mattino presto, incontro gente trafelata che corre al lavoro. Mi rendo conto che ognuno sta col proprio fardello, chi ben visibile, chi oscuro. Mi sorge il ricordo di un esercizio della mente, e dello spirito, che facevo da bambino: alzarsi in alto, guardare il mondo, e le corse affannose degli umani, da lissù. Si riequilibra tutto, ogni cosa prende il suo giusto posto, e peso. Il dolore che tutti accomuna, la fatica del vivere. Le gioie anche. Tutti sotto lo stesso cielo, come piccole formiche attivissime nel proprio piccolo mondo, ma ignare di quanto accade poco oltre. Solo alzandosi, sempre più alzandosi, si può cogliere il filo d’oro che lega le esistenze, le piccole e grandi storie personali e quotidiane.
Poi nel cielo scorgo un aereo, altissimo, nel blu di una mattinata estiva tersa e non ancora bollente, quasi una conferma. Questo affannarsi continuo, correre. Ma per dove, per cosa?

La giusta risposta è in una telefonata di qualche giorno prima. Una cara amica mi narra di quanto le diceva un anziano e molto sapiente uomo di Dio: “Ma ti rendi conto che tu, nonostante tutto, continui ad amare?”

(foto mia, estate 2012)