sabato 11 febbraio 2012

La luce e la neve

Venerdì sera era tutto bianco. Aveva nevicato tutto il pomeriggio, lieve ma inesorabile. Una sensazione bella, avvolgente, le rare volte in cui vivo nella neve, e ne percepisco solo alcuni aspetti, positivi. Sono nella solitudine solita, la neve aumenterà i disagi. Ma è venerdì, mi aspetta un week end che sarà particolare. Anche la rete web è inaccessibile da giorni, isolato completo.

Il mattino dopo un grande silenzio, diverso del solito. Ovattato, da neve. Dormicchio nel letto, squilla il telefono. Non immagino nemmeno che ora sia. Incredibile, è la persona cui stavo pensando: proprio lei, la mia sposa! Si parla dei figli e dei problemi connessi alla nevicata. Poi subito dopo, ancora una seconda. Il mio cuore potrebbe non reggere, prima o poi... Il tempo passa, pare consolidare, lavorare contro. Ma poi ogni volta una fede nuova: non capisco come e perché vivo così. Non ne sono capace. Non dipende da me. Eppure è.

Una luce strana in casa, appena apro le finestre. Una luce bella, diversa. È la neve che mi circonda, e mi avvolge. La neve riflette, moltiplica la luce. È una luce fredda, il cielo è coperto, ma è tanta, più del solito. La mia vita?
Sono un fotografo, da sempre vivo la luce come elemento fondamentale dell’esistenza, in bene o in male.
Ad esempio, in casa amo le luci localizzate, ogni angolo ha la sua illuminazione specifica. Tutto deve essere ben in luce, se e quando occorre. Calda o fredda, morbida o dura, dipende dal fine. La luce in funzione dell’uomo, dei suoi bisogni.

Il week end anomalo è giunto, sono solo assoluto, nella neve. Non posso nemmeno vedere le previsioni del tempo, un minimo di aggiornamento.
In questo casi bisognerebbe stare in due, con l’altra metà del tuo cielo, intorno al camino, a dirsi della vita e della morte, del Cielo e degli inferi. Lo dirò a Maria, che certo è qui, comunque. Come nel giorno del divorzio, con me invisibile e tangibile.

Mi abbiglio ed esco con lo zaino in spalla, vado a fare spesa. È anche una scusa per camminare un po’, godermi questo clima irreale. Gente passa coi fuoristrada e mi guarda. Forse appaio strano. Dovrei ridere!? Sto imparando a dare il giusto peso alle cose, a tutto.

Certo, con la neve nasce una percezione diversa delle realtà, e pure del tempo. Tutto pare rallentare, quasi fermarsi.
Dopo pranzo esco di nuovo, salgo verso il bosco, nevica. Bello, ma devo tornare indietro. Troppi cani. Sento la solitudine. Non è bene che l’uomo sia solo. Non è bene, ma sono solo. Ho nostalgia.
Un Ungaretti dirompente, lo plasmo sul mio presente, lo coniugo al plurale:

Bosco Cappuccio
ha un declivio di velluto verde
come una dolce poltrona

Appisolarci là,
soli,
in un caffè remoto...


Questa neve mi conduce poi ad un Benigni bellissimo: “La tigre e la neve”, visto e rivisto più volte. Una storia d’amore grande come solo un artista grande può ingegnare.
Penso all’Artista eterno, a quanto e come lavora nella mia vita, alla luce a alla neve…

(foto mia, 4 febbraio 2012)