giovedì 22 marzo 2012

La famiglia liquida

Di recente mi è capitato di assistere, in un convegno, ad una esposizione delle varie famiglie “possibili” ai tempi d’oggi: tante che nemmeno immaginavo.

Anni fa, altro convegno. Al mattino presto, sonnecchiando in attesa della sveglia. Penso a belle famiglie che conosco, inattaccabili, solide. E penso alla mia che si è appena sciolta (ovvero: appare sciolta!). E rifletto ad alta voce: “Ah che bello, avere una famiglia solida, altro che la mia… liquida!”

E quando poi ne parlo, mi si chiede se ho letto un certo autore… polacco… non capisco! Poi mi documento: Zygmunt Bauman, sociologo che parla della società liquida. Ma non so chi sia in quel momento. Una ispirazione? Ecco: la famiglia liquida, pareva una cosa brutta, invece mi sa che è bella! In questi tempi così mobili, in cui nulla persiste…

Mi emerge dalla memoria una vecchia storia cha sapevo tanti anni fa.
Una storiella banale, della canna di bambù, che essendo potentemente elastica sopravvive ai forti venti asiatici: se fosse rigida, come il bel noce davanti casa mia, si schianterebbe subito.
Forse è questo oggi il modo di sopravvivere della famiglia, il modo per non spezzarsi sotto i potenti e contrari venti che la attaccano e vogliono annientarla. In tutte le culture la famiglia è il fondamento della società, e forse in occidente è più a rischio che altrove.
Certo, se un tempo esisteva un solo modello familiare, che andava avanti e sopravviveva più per inerzia che per convinzione, oggi le possibilità paiono infinite, e ciascuno si edifica quello che preferisce.

Però io mi chiedo, da credente, quale il mio modello.
Ho ereditato quello di mio padre e mia madre, che molto apprezzo, ma ho sempre pensato non fosse il mio.
Quello che ho vissuto io, in tanti anni? Assolutamente no, ora ci starei molto stretto, ho altro nel cuore.

Oggi so, vedo con altri occhi. Ho imparato che l’unione, qualunque unione, per essere vera presuppone la distinzione. Condicio sine qua non: significa lasciare la libertà, ed essere libero. Due liberi veri che si incontrano e si amano son ben altro paradiso di due che, magari in perfetta buona volontà, vivono nella soggezione o nella dipendenza reciproca.

Penso, sogno, una famiglia nuova, una famiglia in cui tutti siano pienamente sé e pienamente capaci di vivere l’altro, e felici di viverlo. Penso a Giuseppe e Maria e quel bimbetto che diviene adulto con loro due, “in mezzo” a loro due.
Penso a Giuseppe, proprio in questi giorni festeggiato: il padre per eccellenza, uno che davvero ha dato ai suoi la libertà di essere nel disegno di Dio, che si è prodigato per conservare e far crescere le loro vere personalità. Uno di cui si sa quasi nulla, si intuisce. Scomparso, resosi trasparente eppur certo presente, per fare posto a quella meraviglia di sposa, a quel prodigio di figlio. Immagino che, se necessario, sarà anche intervenuto con rigore, nella crescita della creatura. Quel bambino, specie da piccolo, chissà in quanti guai si cacciava, come tutti.
Immagino la tenerezza con cui comunque trattava entrambi, la tenerezza di Dio per mani umane.
Immagino, sogno...

La famiglia di Nazareth: la sola, che un cristiano può sognare.

(foto: dal web)

mercoledì 14 marzo 2012

L'uomo di Cirene

Passo di stupore in stupore, questo è oramai il mio vivere. E mai avrei immaginato, dopo l’infinito deserto.

Sono reduce da un viaggio nel profondo nord. Un week end diverso, immerso nel dolore e nella bellezza. Tante persone che vivono sulla croce del loro matrimonio monco. Anzi, no: il più delle volte vivono sotto la croce del proprio coniuge, che nemmeno si rende conto. Soprattutto donne, giovanissime e anziane, pare che questo tipo di dolore non risparmi nessuno. Un nuovo tipo di famiglia, la famiglia dell’Abbandonato.

Avevo un invito ad andare su, e sentivo molto la responsabilità del preparare bene una testimonianza di vita. Contavo di lavorare in treno, ove di solito trovo una buona concentrazione. Invece una serie di contrattempi (culminati col treno rotto!) mi ha scombinato i programmi.

Certo, parlare della mia vita non mi è affatto difficile. Potrei parlarne per giorni interi. Ma occorre distillare, solo quello che è giusto e strettamente necessario. Far passare la vita che nasce dallo Spirito, l’essenziale. Il resto è vanità.
Mentre viaggiavo, rendendomi conto degli inciampi… mi dicevo che sicuramente sarebbe tutto andato bene. Con la mia ansia stavo pagando in anticipo, in qualche maniera.

Davanti a me quasi tutti sconosciuti. Un tuffo nell’ignoto. E il risultato, mi dicono, positivo.
Tra l’altro, una cosa che mai avevo detto, parlo dell’uomo di Cirene, come sia importante, in momenti drammatici dell’esistenza, avere qualcuno che in qualche modo ti è vicino, sale con te il Golgota.
Negli anni terribili, in cui persino dormire pareva un sogno, ho avuto un grande uomo di Cirene accanto a me. Telefonate notturne anche di ore. Lui a volte dormiva, lo sentivo sparire ogni tanto. Ma mai diceva: “Beh, si è fatto tardi, andiamo a dormire!”. Mai.
Vorrei oggi dirgli un grazie grande, pur senza nominarlo: lui sa, è schivo, un cuore grande, preferisce l’anonimato. Vive il Vangelo. E non è da tutti.

Grande sintonia con tanti, la famiglia viva e vera. Bello e indicibile. Ognuno con storie molto diverse, col dolore infinito come filo conduttore. Mi rendo conto che la separazione, da abbandonati, è forse il dolore più grande, ammesso sia possibile classificare, subito dopo la perdita di Dio. Trovo persone abbandonate da trentuno anni... Una vita spesa nella fede, nel sangue, nel martirio. Tanta serenità. Penso al cuore di Maria sempre nei pressi. Dio è vero, non esiste altra spiegazione. E perché altrimenti restare dentro un matrimonio in questo modo?
Si termina con una storia impossibile, una storia d’amore che solo il Cielo può partorire. Piango, abbraccio lei, sino a poco prima sconosciuta. Lacrime che si confondono e si fondono. La storia passa di qui.

Dal giorno dopo… un viavai di lettere. Ho nuovi fratelli e sorelle, lassù nel nord.
Una giovane sposa mi manda una foto con i fratelli e scrive: “Loro sono stati il mio cireneo.....ogni momento che passa mi torna in mente qualche passaggio dell'incontro, o della tua esperienza come di altre...
E mi rendo conto che è stato come stare sul Tabor....respirare un po' di Paradiso (assurdo, vero, considerata la quantità di sofferenza concentrata in quella sala...)
Ma davvero Gesù Abbandonato è reale: più lo si ama, più si sperimenta la pace...”


E chi poteva immaginare tutto questo sangue e questo amore, da fidanzati?
Questa la vita, inaspettata e bella, superiore al più roseo sognare di gioventù.

(foto mia, Abruzzo 2006)

domenica 4 marzo 2012

Lasciarsi amare

Anni fa, ero da tre mesi nel mio eremo, mancava poco a Natale. Al piano sopra mi svegliavo al mattino con temperature anche di 4°, e scesi a dormire al piano inferiore. Una notte accadde di svegliarmi con una sensazione strana. Tutto roteava vorticosamente, una cosa mai accaduta e che non si è più ripetuta. Vertigini paurose, tanto da non poter nemmeno fare un numero di telefono per chiedere aiuto. O alzarsi dal letto. Potevo urlare, ma a chi? Da profano, da altri sintomi anche, mi venne da pensare ad una emorragia cerebrale. Non potendo fare nulla, come ultimo atto misi la mia vita nelle mani di Maria, mi addormentai. Poi, diverse ore dopo riuscii a telefonare, venne un amico da Perugia a prelevarmi e portarmi al Pronto Soccorso. Ricovero immediato, sembrava un ictus. Poi, dopo diversi accertamenti, si diagnosticò molto meno grave.
Venni a sapere che la mia sposa voleva venirmi a trovare in ospedale. La mia reazione fu di chiusura immediata, arrabbiato come stavo a quei tempi.
Un amico, il solito sapiente Mario, mi fece capire che “bisogna lasciarsi amare”, anche: è amore pure questo. Beh, fu un passo spirituale. Il cuore, che nel rifiuto avrebbe rischiato di indurirsi, così si scioglieva. Lasciai che accadesse. Let it be. Una cosa buona: era amore reciproco che circolava.
Solo poi mi resi conto di quanto scrive Paolo ai Romani: “Siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato i fratelli”. Ma che bello! Ci stavo dentro, e non mi ero accorto. La morte è anche quando covi rancore dentro, che sai sbagliato, ma non riesci a gestire.
Eppoi, “lasciarsi amare” significa che, amando, anche l’altro passa dalla morte alla vita!

Ci ripenso in questi giorni, lasciarsi amare.
La mia macchina è morta e per una serie di vicissitudini ancora non l’ho sostituita.
Intorno a me quasi tutti danno un parere, chi dice bianco e chi dice nero. Tutte opinioni finalizzate al mio bene, evidente. Ma ad un certo punto mi son sentito quasi esautorato, commissariato. Forse prematuro, ho appena cinquantotto anni!
Ma poi alfine ci rido sopra. Ancora un passo avanti da compiere, mai si finisce. Lasciarsi amare, anche in questo caso, e la soluzione giusta verrà fuori con una serie di approssimazioni successive, come sempre.

(foto mia, Svizzera 2005)